Posted: 05 Nov 2012 03:50 AM PST
Intervista di Elena Marisol Brandolini pubblicata su Paneacqua (28-10-12) a MurielCasals Coutourier, Presidente di Òmnium Cultural, sul processo aperto in Catalogna con la manifestazione dell’11 settembre a Barcellona sull’indipendenza.
Muriel Casals Couturier, nata in Francia, è professoressa di Analisi Economica alla Universitat Autònoma di Barcellona ed attualmente ricopre la carica di Presidente di Òmnium Cultural, l’associazione fondata nel 1961, che lavora per la promozione della lingua catalana, la cultura e l’identità nazionale della Catalogna ed interviene sulle questioni di attualità che interessano la società catalana. RIASSUNTO [...] Òmnium Cultural promuove la lingua e cultura catalana. Quanto è importante l’adozione del catalano nel vostro sistema educativo? Per noi è importantissimo, è uno dei nostri cavalli di battaglia. [...] La legge dice: “Tutti i giovani catalani quando finiscono la scuola secondaria devono essere capaci di utilizzare il catalano e il castigliano” e questo è quello che vogliamo; non vogliamo che alcuni bambini sappiano il catalano e il castigliano e altri solo il castigliano. Non vogliamo separare i bambini secondo la lingua e l’unico modo per evitarlo è che la lingua catalana sia veicolare. Che ha significato il catalano nella storia della Catalogna? Ha significato molto, ancora adesso continuiamo a considerare la lingua come una rivendicazione, nelle epoche dure e nelle epoche di democrazia; come un obiettivo che ancora non è stato raggiunto nella sua interezza. [...] Essere catalano o non essere catalano non ha nulla a che vedere con l’etnia; ciò che lo definisce è la lingua, il che non significa che non siamo molto tolleranti con chi non parla catalano e va benissimo se parla in castigliano. Ma la nostra aspirazione e la nostra rivendicazione è che i nuovi arrivati s’integrino qui in catalano. Noi lavoriamo molto con gli immigrati e un giorno, un immigrato benestante – un professionista argentino che ha vissuto molto tempo a Madrid e che adesso vive qui e parla in catalano – ci disse: “Mentre ero a Madrid ero un sudaca, adesso sono uno di voi”. Per noi, quando qualcuno fa lo sforzo di parlare il catalano (perché è faticoso apprendere una lingua che non è tra le più importanti), è come se ci dicesse “sono come te”, e noi gli rispondiamo “e tu contribuisci alla nostra trasformazione”, perché stiamo disegnando i catalani del futuro come un insieme di diversi in cui la lingua catalana è uno degli elementi unificanti. [...] Come vede il processo che si è aperto in Catalogna con la manifestazione dell’11 settembre a Barcellona? Con grande entusiasmo, una grande speranza, finalmente i catalani prendono il loro destino nelle proprie mani. Vede, nel diciannovesimo e nel Ventesimo secolo puntavamo a trasformare la Spagna per realizzare al suo interno uno spazio tutto nostro. Ora non più, lavoriamo per noi stessi e la nostra relazione con la Spagna deve essere di vicinato e la più amicale possibile. Condivide quanto dicono i sindacati che progresso sociale e progresso nazionale devono marciare insieme? D’accordo, sono completamente d’accordo. [...] Lei pensa che si andrà ad un accordo con il governo spagnolo per la celebrazione di un referendum o di una consultazione in Catalogna sul rapporto con la Spagna? Lo speriamo, perché abbiamo fiducia nel sentimento democratico del governo spagnolo che non vorra impedire un esercizio democratico com’è quello che chiama i cittadini ad esprimere la loro volontà. In ogni caso, che si tratti di referendum o consultazione popolare se ci sarà l’accordo con il governo spagnolo è meglio, ma non è una condizione ostativa, credo che si debba comunque fare. Qual è il quesito che andrebbe proposto al popolo catalano in un referendum o consultazione? Nella manifestazione dell’11 di settembre c’era uno slogan molto chiaro: “Catalogna, nuovo Stato d’Europa”. Negli anni tra il 2009 e il 2011 c’è stato tutto un processo di consultazioni volontarie e il quesito era chiaro: “Lei vuole che la Catalogna sia un nuovo Stato nell’Unione Europea?”, ecco, questa è la domanda. [...] Come vede il futuro della Catalogna? Un paese molto aperto, un paese più giusto. Quando diciamo di volere amministrare le nostre imposte è perché vogliamo una politica redistributiva equa, dove non ci siano sacche di povertà. Un paese che sia poliglotta con una lingua comune che è il catalano, però dove i cittadini parlino varie lingue, dove i catalani originari si mischino con quelli che arrivano da fuori [...] |
martes, 6 de noviembre de 2012
MURIEL CASALS, ENTREVISTADA POR "PANEACQUA"
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